Franco Pedrina

Gianfranco Bruno

Recentemente il pittore Pedrina ha dipinto una carcassa di gabbiano, un grande uccello dissecato sulla sabbia e, sullo sfondo, una lama tesa di mare. Questo dipinto conclude una lunga riflessione e un lungo lavoro dell’artista sul tema dei gabbiani, dai primi quadri schiettamente figurativi, ai ritmi liberi di poi cercati in una dominante di azzurro, alla misura più severa e rigorosa di oggi. Il tema del gabbiano è vissuto dal pittore come nostalgia di liberi cieli: viene a mente l’albatro di Baudelaire, e quanto d’azzurro e di salino recano quei versi sullo sbattere d’ali dell’imponente prigioniero sulla tolda. E questa memoria non nasce per semplici ragioni letterarie, ma dalla sostanza stessa dell’immagine: i bianchi calcinati affioranti dall’impasto degli scuri bellissimi, lo slancio deciso della forma che taglia di netto lo spazio del quadro, le schegge d’ombra, la grana del colore trapassata di luce. A ben guardare nell’opera di Pedrina ci si accorge che il pittore è attratto da due opposti poli dell’idea di Baudelaire: la nostalgia di liberi cieli si accompagna alla suggestione della carcassa in disfacimento.
Ma Pedrina non arriva a formulare in stilemi emblematici la sua riflessione sul ciclo naturale: la sua idea del mondo è l’esito di un’assoluta disposizione alla pittura e di un inesausto, continuo guardare. Persino i suoi temi: la radice corrosa, i giardini, le vigne, conservano l’immediatezza del primo stupore, si capisce che l’artista nello studio milanese perpetua dipingendo l’emozione di quel camminare sulla battigia e scoprire nello sciabordare dell’acqua il relitto naturale. La nativa disposizione alla luce-colore Pedrina ha poi ricondotto entro una precisa e motivata cultura. Anzi di questa cultura egli ha colto più che le matrici formali la scossa emotiva, e si può, di fronte ai suoi quadri, pensare ad illustri ascendenze s4enza che venga meno quel senso di sospesa meraviglia che accompagna le sue opere. Proprio nelle tempere recenti Pedrina ha delineato un suo pensiero dello spazio, avvolgente, come di cruna naturale: e vi brulica una vita organica di butti, foglie, umido respiro d’erba. Una linfa fresca corre i passaggi repentini dello spazio, raddensa in pochi grumi la presa motiva sul paesaggio. Nei recessi d’ombra di sempreverdi giardini pulsa una crescita di forme vicine, si riesce dalla cruna a un dilatato mondo di memoria. Dalle vertigini di paesaggi arrampicati, stesi in dominate distanze, da ricordare certi dipinti del miglior Pignon, dalle immagini di brezza che scompiglia le vigne e tesse fantastiche trame di innumerevoli spazi collegati, Pedrina è giunto a questa dimensione nuova, di emozione compressa nel rigore di un controllato spazio.

(Presentazione nel catalogo della mostra, Galleria Bergamini, Milano, novembre 1975)

 

 

 


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